Lo psicologo dello sport lavora con la patologia?

Nell’immaginario collettivo, psicologo dello sport e patologia vanno di pari passo. Perché? Tutti noi, in misura diversa, abbiamo in mente di cosa si occupa uno psicologo. Se dovessimo immaginare il fulcro del lavoro di uno Psicologo Clinico, probabilmente penseremmo subito alle problematiche psicologiche e relazionali, magari immaginando il “caro amato” lettino all’interno di uno studio privato.

Se invece ti chiedessi:  “di cosa si occupa uno  Psicologo dello Sport o uno Psicologo del benessere?”, tu cosa risponderesti? In un sondaggio che ho pubblicato sul mio profilo instagram settimana scorsa, tanti non hanno saputo rispondere. Altri, invece, hanno ribadito, nuovamente, l’idea che anche nello sport, le figure professionali psicologiche debbano risolvere problemi mentali di vari livelli.

L’idea che uno Psicologo si occupi prevalentemente di difficoltà è – purtroppo – il pensiero più immediato e conosciuto nella cultura collettiva; potremmo definirlo quasi un mito del senso comune. Eppure, non tutti sanno che i rami in cui uno Psicologo può operare sono molteplici, e ognuno ha un focus e delle metodologie ben differenti.

Lo sfondo nel quale operano tutti gli iscritti all’Albo è comune: il benessere mentale dell’individuo in armonia con le proprie emozioni ed i propri pensieri. Infatti la relazione con lo Psicologo favorisce una maggiore conoscenza di sé, dando così una visione più ampia e completa del proprio funzionamento. Ciò che ai più sfugge, però, è che il benessere mentale non è direttamente connesso alla patologia. 

La WHO (World Health Organization), conosciuta in italia come OMS (organizzazione mondiale della sanità), esprime nel 1948 queste, sante, parole:

 

 La salute è definita come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia

 

Un concetto fondamentale se vogliamo comprendere appieno il ruolo che la psicologia può ricoprire nella società moderna. Perché in alcuni casi, migliorare il benessere significa anche migliorare la performance. Le due aree principali di intervento dello psicologo dello sport, sono infatti queste ultime. Il lavoro con l’atleta non dev’essere visto come un “riparare un guasto”, ma bensì come il lavorare in sinergia per ottenere un aumento di performance.

 

Quindi, per rispondere alla domanda precedente, ovvero se lo psicologo dello sport lavora solo con la patologia, la risposta sarà NO, in modo più assoluto. Il professionista si occuperà quindi dei processi cognitivi, emotivi e comportamentali connessi alla prestazione dell’atleta o delle squadre all’interno del contesto sportivo, riferendosi sia all’esercizio fisico generale che alla partecipazione alle competizioni.

Parafrasando, potremmo dire che lo Psicologo dello Sport opera al fine di un miglior funzionamento degli aspetti mentali legati alla prestazione, rafforzando le risorse personali e di conseguenza il proprio livello di autostima ed autoefficacia.

Per poter raggiungere questo miglioramento sarà opportuno anche un lavoro sulle aree carenti dell’atleta, ma non per questo saranno le uniche trattate; anzi, inizialmente si lavorerà in gran parte sulle aree positive. L’obiettivo finale è la crescita e lo sviluppo da un punto di vista mentale e fisico, detto in gergo, psicofisico.

Proprio perché iscritto ad un Albo, lo Psicologo dello Sport è autorizzato ad utilizzare tecniche e strumenti che sono tipici della professione: come ad esempio Test e Questionari standardizzati e validati, o metodologie che sono ad uso esclusivo della categoria. Il mental trainer e il mental coach possono utilizzare questi strumenti? No, a meno che non siano psicologi. Arrivati a questo punto, è lecito chiedersi quali siano le tecniche utilizzabili in ambito di allenamento mentale. 

Te ne elencherò cinque, che andrò a trattare nello specifico nei prossimi articoli. Se non hai voglia di leggere, potrai spararti i miei video in merito. Volendo fare un breve elenco direi che le migliori sono cinque:

  • goal setting;
  • self-talk;
  • massimizzazione della concentrazione;
  • tecniche di regolazione dell’arousal;
  • tecniche di visualizzazione.

A queste, poi, si aggiungono le varie tecniche psicofisiologiche relative al biofeedback, e il flow che però non può essere considerato una tecnica. Si tratta di uno stato di coscienza, che permette di ottenere la miglior performance possibile.

Nei prossimi articoli, qui su blog, andremo ad approfondire le varie tecniche, e ad affrontare i falsi miti sulla psicologia dello sport. Una battaglia difficile, che puoi aiutarmi a vincere. Condividi i miei contenuti sui tuoi social media, informa le persone. Ognuno di noi può, nel nostro piccolo, contribuire a fare informazione. Ti aspetto alla prossima. E, ovviamente, se hai dubbi, domande, o vorresti capire come posso aiutarti, non esitare a contattarmi. Scopri se i percorsi di mental training fanno per te. 

Andrea

Dott. Andrea Martinetti
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