Agonismo: un bene o un male per i giovani sportivi?
Quando si parla del rapporto tra sport e agonismo in età evolutiva nascono sempre grandi dibattiti. C’è chi afferma che lo sport deve privarsi della competizione per poter dare spazio alla creatività dei bambini. Chi invece preferisce non fare sconti perché “prima lo si vive e prima si cresce”. Chi ancora propone una competizione “soft” per paura delle conseguenze.
E’ un tema controverso che coinvolge tutte le figure che ruotano attorno al mondo sportivo: dai genitori, agli allenatori, agli psicologi dello sport. Ed è forse qui l’errore: il fatto che siano gli occhi adulti a dover decidere per i più piccoli. Proviamo a fare un passo indietro per considerare il punto di vista del giovane sportivo.
Una ricerca di grossa portata di Gill, Gross e Huddlestone (1983) ha preso in considerazione, su oltre 700 giovani atleti, le motivazioni che spingono alla pratica sportiva in ragazzi e ragazze dagli 8 ai 18 anni di diverse discipline. Il lavoro ha permesso di conseguire diversi risultati, primo tra tutti una ragione comune che spinge maschi e femmine a intraprendere uno sport: migliorare le proprie abilità sportive.
Un’analisi più approfondita, inoltre, ha permesso di individuare 5 ragioni comuni che motivano gli atleti a praticare un’attività sportiva:
- Acquisizione di competenze;
- Divertimento;
- Desiderio di eccitazione;
- Volontà di competere;
- Desiderio di stare in squadra.
Nessuna distinzione quindi tra maschi e femmine, grandi o piccoli: il desiderio di competere è presente in tutte le fasce d’età.
Ogni bambino nasce con una componente sana di aggressività che utilizza in modo istintivo per raggiungere la vittoria. Il bisogno di gareggiare deriva dalla forte esigenza di misurarsi con gli altri e di verificare le proprie abilità, non da un ambizione sfrenata di successo. Infatti nonostante la vittoria sia un risultato che ogni bambino apprezza, non ha così importanza quanto ne ha per noi. Il suo fine ultimo è il gioco stesso!
Come mai per noi adulti l’agonismo tende ad avere un significato differente?
Agonismo e aggressività
Agōn è il termine greco da cui prende origine la parola agonismo. All’epoca dell’antica Grecia gli Agoni erano manifestazioni pubbliche in corrispondenza di celebrazioni religiose che venivano organizzate con gare e giochi per la conquista di premi. Nei duelli, il concetto di agonismo veniva pervaso non solo di competizione e successo, ma anche di un sottile equilibrio tra bellezza esteriore e nobiltà d’animo. Da queste manifestazioni nascono le più celebri competizioni sportive odierne: i Giochi Olimpici.
Con il passare del tempo il concetto di agonismo ha perso parte del suo valore etico ed umano. Sempre più vediamo emergere la ricerca della vittoria con ogni mezzo possibile, dove il fine giustifica sempre i mezzi se il fine ultimo è primeggiare.
Si tratta di una posizione estrema dell’agonismo, che sfrutta l’aggressività con lo scopo di soddisfare il proprio ego o anche di ledere o raggirare chi sta attorno. L’aggressività è un istinto indispensabile per la sopravvivenza della persona, ma quando viene canalizzata verso comportamenti lesivi per i compagni, o gli avversari, sfocia irrimediabilmente nella violenza.
Questo genere di aggressività viene spesso confusa con “giusto” agonismo, ma anche con “scaltrezza”, “furbizia” e “malizia”, andando così a svilire sentimenti come disponibilità, rispetto, e correttezza, perché considerati solo forme di debolezza a vantaggio degli avversari.
E’ bene rivalutare il concetto di agonismo in una direzione più sana ed etica, che si fonda sul divertimento e sulla voglia di fare, sulla lucidità e sulla concentrazione, abilità fondamentali nello sport come nella vita. La difficoltà sta proprio nel trasferire al giovane sportivo gli strumenti per gestire la propria parte istintuale senza sfogarla, per prendere così le decisioni migliori e perseguire il proprio impegno con grinta e coraggio.
Agonismo e aggressività devono essere convogliate in una direzione di autocontrollo e di espressione sana nello sport.
Senza di esse verrebbe a mancare una parte formativa di grande spessore umano, dal quale derivano valori importanti come la dedizione e il sacrifico. Tutto questo a discapito dell’atleta che rimarrà bloccato nella sua crescita, come sportivo e persona.
Vivere un sano agonismo può essere una grande occasione di apprendimento per i giovani. Alla base non deve mancare l’educazione all’espressione sana delle emozioni, aiutandoli a canalizzare i loro istinti in una direzione strategica ma funzionale alla loro crescita. L’aggressività diventa così una spinta a vincere, a valorizzarci e a imporci sugli altri ma senza un sentimento violento o ostile di prevaricazione.
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