La verità sui life coach

“Non ti serve lo psicologo! Basta che vai da un life coach, lui ti aiuterà veramente!”

Da quando questa figura ha preso piede in America e in Australia, sentiamo sempre più parlare di Life Coach anche qui in Italia ed Europa. Si definiscono i professionisti più idonei nel campo della crescita personale e non si astengono dal definirsi molto distanti dalla figura dello Psicologo.

E direi che fanno bene! Non c’è nulla di più vero, un Life Coach, o un Mental Coach, non ha nulla di che spartire con uno Psicologo. Non lo dico perché faccio parte dei secondi, ma perché se non si conoscono i percorsi, le competenze e le aree di lavoro reciproche, chiunque può affermare le proprie opinioni e spacciarle per verità. Poi, sui risultati…

Partiamo dalla motivazione, ovvero dai percorsi più personali. Il solo fatto di desiderare di aiutare le persone attorno a te, non ti mette nelle condizioni di saperlo fare. Anzi, di solito ti apre una marea di difficoltà e vincoli da superare. Senza contare che le persone con cui instauri una relazione, non per forza di aiuto o sostegno, inequivocabilmente avranno un’influenza su di te, nel bene o nel male che sia. E una cosa è riconoscerlo con la ragione, altra cosa, invece, è rendersene conto quando siamo immersi in una relazione.

Si perché a noi studenti di Psicologia (nella lontana gioventù) ci hanno sempre avvisato sul reale motivo che spinge ad aiutare gli altri: “se pensi di diventare psicologo perché vuoi aiutare il mondo intero, allora inizia prima a lavorare su te stesso, poi (forse) potrai fare lo psicologo”. E col tempo lo si impara sulla propria pelle, durante il tirocinio o nelle prime supervisioni. Il famoso spirito da “Crocerossino” è tutto fuorché un approccio professionale e distaccato, che sono alcune delle qualità più importanti per poter lavorare con le persone. Mi chiedo spesso se queste sottili sfumature riescano a riconoscerle anche i Life Coach e i Fuffa Coach, che non hanno alcuna regolamentazione, da un punto di vista formativo e giuridico, per la loro preparazione.

Life coach e psicologo: la formazione

Passiamo quindi al percorso formativo di entrambe le figure. Per definirsi “Coach di qualcosa” non esistono requisiti minimi da rispettare, né esiste una norma che pone delle restrizioni da un punto di vista formativo, men che meno l’obbligo di iscrizione ad un ordine professionale. In questa condizione, anche tu che mi stai leggendo puoi fare un corso qualsiasi di Coaching e iniziare a promuoverti come tale.

Tutt’altra situazione quella di noi Psicologi, in quanto la nostra professione è regolamentata dalla normativa L. 56/1989, che pone dei criteri formativi chiari e assai faticosi per poter esercitare:

  • • Percorso universitario in Psicologia (3+2+tirocini curricolari);
  • • Tirocinio professionalizzante (1000 ore) ;
  • • Esame di stato;
  • • Iscrizione all’Ordine degli Psicologi;
  • • Formazione annuale obbligatoria;
  • • Rispetto del codice deontologico;

È vero, definirsi Psicologo non è una garanzia di competenza, ma se non lo è dopo tutti questi anni di studio e preparazione, perché coi Mental Coach non si ragiona in egual modo? Ci sono corsi di qualche giorno che ti rilasciano il titolo di Coach, Life Coach, Sport Coach, Performance Coach e via dicendo. Corsi a detta loro, “eclettici”, “creativi”, “generativi” di competenze e ricchi di opportunità. Ma che validità reale hanno? Se è difficile definire uno Psicologo “pronto alla professione” dopo tutti quegli anni di studi, figurarsi dopo qualche giorno o mese di corso…

Passiamo ora all’ambito di lavoro. Se chiedi a un Coach qual è l’ambito del suo lavoro, la maggior parte di solito ti risponde che si occupa della parte sana dell’individuo, del futuro del suo cliente (e non del passato) e che usa delle tecniche che non provengono dalla Psicologia. Tutto questo per posizionarsi sul mercato in modo differente dallo Psicologo (perché sì, il modo migliore per farsi conoscere dagli altri è iniziare a fare a botte con chi c’è già 😉), ma mostrando un’immagine completamente falsa del nostro lavoro. Dai un’occhiata ai miei vecchi articoli su questo argomento perché ne parlo con più precisione.

Se un giorno incrocerai un Coach sulla tua strada, prova a chiedergli quali sono queste tecniche uniche nel loro genere che solo loro possono usare. Probabilmente ti dirà che lavora con la gestione degli obiettivi, con l’autoefficacia, con la motivazione intrinseca o anche con i valori personali, ecc… Giusto per completezza, queste sono solo alcune delle aree in cui lavoriamo noi Psicologi dello sport…ma non sono metodi che esulano dalla Psicologia, perché sempre di quello si tratta se si lavora sulla relazione.

Per questi motivi, se vuoi veramente andare da un “Coach di qualcosa”, vacci pure perché sei libero di farlo, ma valuta bene tutte queste informazioni mistificate. Gli esperti dello sport, del mondo del lavoro o della nutrizione, esistono (quelli della vita no, sono baggianate) ma studiano anni per diventarlo e devono essere riconosciuti anche a livello legale per poter operare come tali. Un percorso universitario, un esame di stato, un albo professionale (giuridicamente riconosciuto), possono fare la differenza tra un “presunto professionista” e uno che si impegna quotidianamente per esserlo. E se questo lungo articolo non ti è ancora bastato, prova a rispondere a questa domanda: “Perché un Coach dovrebbe saperne più di uno Psicologo?”.

Riflettici su e fammi sapere cosa ne pensi 😉.

E anche per oggi, siamo giunti al termine. Ho solo un’ultimissima informazione da darti: nel caso fossi più un tipo da video anziché articoli, scopri il mio canale YouTube. E, se hai bisogno di un consiglio personalizzato per migliorare la tua performance, non esitare a contattarmi. 

Dott. Andrea Martinetti