Mental training sportivo: un concetto che sta spopolando grazie alle vittorie azzurre. Prima il calciatore Bonucci, poi Jacobs e Vanessa Ferrari: gli atleti nazionali allenano la mente.

“La mentalità giusta al momento giusto, quella che ti permette di fare il salto di qualità e di raggiungere il massimo delle tue potenzialità.”. Quante volte hai sentito frasi simili? Bene, sappi che servono a ben poco, se non accompagnate da consigli pratici e citazioni da fonti scientifiche.

In che modo la mentalità può influire sulla prestazione? Quali sono le tecniche psicofisiologiche utili al reale miglioramento di una performance a tutto tondo? Lo scopriremo oggi.

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Sul mercato dell’allenamento mentale è possibile trovare innumerevoli figure, che si pongono a potenziali clienti con i nomi più coloriti. La realtà è singola: l’allenamento mentale, così come ogni tecnica che funziona e viene utilizzata nell’ambito, è di matrice psicologica e viene validata mediante il metodo scientifico.

Nel caso tu voglia testare una seduta di mental training sportivo, affidati ad un professionista che indipendentemente dal nome utilizzato, abbia conoscenze psicologiche legalmente riconosciute (per esempio, mediante una laurea in psicologia).

Anche qui, attenzione: per utilizzare tecniche psicologiche, esercitando quindi la professione di psicologo, sarebbe necessario essere iscritti all’albo. Sfatiamo ulteriormente un mito: lo psicologo si occupa a 360° della mente umana, non solo degli aspetti patologici.

E mi fermo qui. Se vuoi approfondire, ho scritto più articoli in merito. Tornando al lato pratico e alla scienza, esistono numerose tecniche utili a migliorare la performance, utili in ogni sport.

Queste tecniche in primis lavorano sulla gestione di ansia e stress, e sulle emozioni, per migliorare il rendimento e il benessere dell’atleta. In che modo?

L’allenamento mentale non è solo mentale

Amo ripeterlo spesso: il corpo influenza la mente, e la mente influenza il corpo. Non ha senso percepire queste due grandezze come entità separate. Allenando quindi il corpo a gestire lo stress, simulando attività stressanti, può essere la chiave per dare all’atleta un’arma potente.

Uno strumento molto utile a questo scopo è il biofeedback, che offre la possibilità di imparare a gestire consapevolmente funzioni legate al sistema nervoso autonomo. Ritorniamo allo stress, inteso come una reazione ad eventi reali o immaginari.

Se sottoposto a sedute di Biofeeback, l’atleta sarà in grado di fronteggiare con successo fenomeni come l’ansia da prestazione. Un altro approccio promettente è la mindfulness, e in generale ogni intervento mindfulness-based.

Recenti studi su sportivi di varie discipline supportano fortemente l’ipotesi che sia possibile diminuire l’incidenza degli infortuni, ridurre ansia da prestazione dovuta ad eventi traumatici pregressi (es. infortuni o sconfitte) e migliorare il rendimento in campo.