Lo psicologo dello sport viene spesso visto come un “plus”, che i dilettanti non hanno realmente bisogno. Il pensiero comune infatti lega tale figura professionale esclusivamente all’ambito professionistico. È davvero così? Dopo aver esorcizzato la falsa credenza che lo psicologo dello sport lavori solo con la patologia, oggi ci concentreremo sull’indiscussa utilità delle figure psicologiche in ambito sportivo dilettantistico.

Nella nostra quotidianità è molto facile fare delle categorizzazioni. Quest’ultime sono un processo cognitivo comune, spesso inconsapevole, che usiamo frequentemente e ci aiuta a controllare l’ambiente circostante e a prendere decisioni. La mente non registra la realtà così com’è ma la rielabora secondo personali schemi mentali. Il risultato? Una semplificazione del mondo sociale, reso più funzionale ed accessibile al pensiero.

Nel mondo sportivo questo processo viene spesso usato per via delle competizioni. Le gare, infatti, ci portano a misurare il valore umano in millimetri e in centesimi di secondo, in un continuo confronto fra sé e l’altro, fra le proprie doti e le proprie carenze. Le informazioni che vengono assimilate in pochi secondi sono tantissime, sia da parte degli atleti che dello staff tecnico. L’atleta è orientato a valutare la propria prestazione in ogni allenamento o gara.

Lo fa secondo delle proprie categorie specifiche, dettate dalla cultura personale di provenienza o dalla propria formazione, ma anche dalla disciplina di cui è esperto. Quindi la categorizzazione è uno strumento funzionale, che ci aiuta a riconoscere l’ambiente e a risparmiare energie cognitive. Troppo spesso però tendiamo a generalizzare secondo le nostre categorie di pensiero. Il risultato?

La nascita di stereotipi o anche a pregiudizi collettivi, che sono molto più facili da confermare piuttosto che smentire. Anche lo Psicologo dello Sport è vittima di questo meccanismo: come mai avviciniamo la sua figura esclusivamente agli atleti professionisti?

Perché lo psicologo dello sport è utile ai dilettanti 

Un giudizio collettivo che, a mio parere, è  derivante da un avvenimento storico del nostro movimento avvenuto non troppi anni fa. È intorno al 1980 che si registra per la prima volta la presenza massiccia di Psicologi dello Sport alle Olimpiadi di Los Angeles e di Seul, quando prima di allora la consulenza psicologica nel contesto sportivo non era così diffusa. Sembra che questo avvenimento abbia creato un vero e proprio stereotipo, relegando l’attività esclusivamente all’interno del contesto professionistico e alla prestazione di altissimo livello.

Percorsi di Mental Training

NON È COSÌ! Lo Psicologo dello Sport può operare anche nei contesti agonistici di minor livello di ogni disciplina e con atleti di qualsiasi età anagrafica. Non sono necessarie capacità fuori dal comune per migliorare il proprio rendimento o per stabilire obiettivi più sfidanti. Ognuno di noi può superare se stesso e sentirsi appagato della propria prestazione, senza dover possedere le doti di Michael Phelps o Cristiano Ronaldo. Perché?

L’atleta professionista è chiaramente su un’altro pianeta, rispetto al dilettante, per svariate ragioni. In primis, abbiamo le abilita tecniche, l’atteggiamento mentale, e tanto altro. Entrambi, tuttavia, hanno qualcosa in comune: sono esseri umani. E, ogni essere umano, dall’ultima categoria calcistica, alla serie A, possiede lo stesso funzionamento di base. In entrambi i casi sarà possibile ottenere un miglioramento in termini di prestazione. Cosa cambierà?

I tempi e le abilità trattate saranno differenti. Il lavoro sarà opportunamente adattato al contesto e alla richiesta individuale. Perché, allenare il corpo è fondamentale, ma se non alleni la mente, non potrai mai ottenere il 100% della tua performance. Dopo aver compreso che lo psicologo dello sport è utile anche per i dilettanti, occorre aggiungere un’altra precisazione.

La preparazione mentale non è l’unico ambito di intervento. Ad esempio, uno Psicologo dello Sport può affiancare il settore giovanile di una società agonistica per identificare i bisogni del giovane atleta, sia interni che esterni il mondo sportivo; o per comunicare una proposta metodologica che sia adeguata all’età dello sviluppo, incentivando la motivazione e prevenendo fenomeni di overtraining ed abbandono sportivo.

Per concludere

Ognuno di noi può trarre beneficio nella propria “modestia” sportiva. L’importante è avere bene in mente a chi mi sto rivolgendo per raggiungere il mio obiettivo. Una decisione apparentemente semplice, che tuttavia nasconde insidie pericolose. Per esempio, sai qual è la differenza tra psicologo dello sport, mental trainer e mental coach? Se la risposta è negativa, non devi preoccuparti. Ritengo sia normalissimo non sapere, se non vieni informato. Sappi che esistono differenze enormi, soprattutto a livello di conoscenze, e di aspetti legali. Perché, l’unico titolo legalmente riconosciuto, è la laurea in psicologia. 

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