Come guardare la motivazione da un’altra prospettiva per comprendere meglio le esigenze del giovane atleta.
Tutti sanno che lo sport è importante per la crescita e lo sviluppo del bambino o dell’adolescente. Praticare costantemente una disciplina sportiva attiva e alimenta un motore interno sia dal punto di vista cognitivo che comportamentale.
Ma educare al movimento ha anche uno scopo superiore, in quanto è la base per acquisire sani stili di vita anche per l’età adulta. La pratica sportiva ci allontana dal rischio di incorrere in malattie croniche come il diabete, le problematiche cardiovascolari e l’obesità, consolidando abitudini salutari di uno stile di vita attivo.
Ma la motivazione allo sport e al movimento da cosa dipendono? Esclusivamente da noi stessi? Qual è il peso dell’ambiente?
Motivazione allo sport in età evolutiva: la parola alla scienza
Se parliamo di motivazione all’attività sportiva dobbiamo considerare tutti i fattori che ruotano attorno al tema e che si combinano diversamente a seconda del soggetto. Infatti, l’impegno ed il coinvolgimento nello Sport sono influenzati sia da variabili biologiche individuali, ma anche da variabili sociali e psicologiche.
Utilizzando come riferimento la teoria dell’autodeterminazione (SDT di Deci e Ryan 1985), si evidenzia come la motivazione sia legata al contesto sociale rispetto a tre bisogni fondamentali dell’individuo: il bisogno innato di autonomia, la competenza e la ricerca di buone relazioni.
Se il contesto in cui è inserito il giovane atleta soddisfa questi bisogni, la motivazione è autodeterminata e la crescita personale ed il benessere vengono alimentati. Al contrario, quando questi bisogni non sono soddisfatti il benessere e la crescita individuale vengono meno.
La motivazione non è quindi un costrutto personale che dipende esclusivamente da noi stessi, ma è influenzata da fattori ambientali e sociali esterni che la incentivano o la reprimono.
Immaginiamo di porre la motivazione al movimento su di un range, che va da un minimo ad un massimo di autonomia. In un polo abbiamo il massimo grado di autonomia che rispecchia la motivazione intrinseca, guidata dal piacere e dal divertimento. Mentre sul lato opposto si trova l’assenza totale di autonomia, ossia assenza di motivazione.
Percorsi di Mental Training
Tra queste due forme abbiamo un polo centrale di autonomia che viene definito motivazione estrinseca e si esprime sotto varie sfumature. Questa motivazione esula dal piacere e dal divertimento in quanto viene dettata da forme di controllo esterne.
Semplificando il linguaggio, la motivazione estrinseca si distingue in
▪ esterna, quando deriva da pressioni esterne e quindi si compie l’attività per evitare punizioni
▪ introiettata, quando la pressione deriva invece dall’interno e ci si prodiga per evitare sensi di colpa, vergogna o sentimenti di ansia.
Mentre se ci spostiamo più sul fronte dell’autonomia interna, troviamo quella:
▪ identificata, quando si partecipa all’azione per motivi importanti per se stessi;
▪ ed infine quella integrata che presuppone una partecipazione rispetto ai propri valori e scopi personali.
Motivazione, sport, allenatori e atleti
Da questa distinzione si può notare come più l’attività sportiva è soggetta a costrizioni esterne, più si consoliderà una motivazione a bassa autonomia. Questo vuol dire che quando le pressioni esterne non vengono esercitate, la motivazione tende a spegnersi. Ma una pressione costante dall’esterno è fonte di stress e aspettative elevate che col tempo sgretolano la motivazione, in un circolo virtuoso negativo.
Nello scorso articolo abbiamo trattato un altro importantissimo tema legato al rapporto allenatore – atleta e alla motivazione: il feedback. Nel paper The coach–athlete relationship: A motivational model (Mageau, G. A., & Vallerand, R. J., 2003) pubblicato sul Journal of sports science nel 2003, viene teorizzato un modello interessate, che prende in considerazione le teorie sopra citate di Ryan e Deci.
Risultati simili portano alle seguenti conclusioni: dare spazio all’autonomia individuale, in fase evolutiva, favorisce sia la crescita psicologica del singolo atleta ma anche la motivazione all’attività in futuro. In quanto più il bambino subirà influenze esterne e pressioni, maggiore sarà il rischio di consolidare in lui una motivazione di tipo controllata (esterna o introiettata).
E questo non solo a discapito del suo possibile futuro agonistico ma anche della sua salute personale, perché verranno meno quelle basi motivazionali per l’acquisizione e la persistenza di sani stili di vita legati al movimento e all’attività fisica.
La motivazione ha molte sfaccettature, e può essere declinata in base a numerosissime variabili.
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